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Le botteghe degli orafi su Ponte Vecchio: perchè ci sono solo gioiellerie e argenterie

Ponte Vecchio è famoso per la sfilza di botteghe di orafi e gioiellieri che ci stanno sopra ed oggi appare certamente normale che uno dei “luoghi-simbolo” di Firenze sia sede di soli esercizi di preziosi e beni di lusso. Tuttavia, non è stato sempre così, e ciò che a noi oggi sembra perfettamente normale è in realtà frutto di un preciso provvedimento mirante a “nobilitare” il ponte più antico e importante della città.

Ma cominciamo dal fondo: siamo nel 1593, e l’allora Granduca Ferdinando I, figlio di Cosimo I e fratello di Francesco, emana un decreto con cui “sfratta” artigiani e commercianti che avevano occupato fino a quel momento i fondachi su Ponte Vecchio: si tratta di beccai, erbivendoli, pesciaioli e altri commercianti “minuti”, che ci si erano installati sin dal 1345, anno in cui, dopo la disastrosa alluvione che lo aveva travolto, il principale ponte di Firenze era stato ricostruito su tre solidi arconi.

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I tradizionali sporti in legno che serrano le botteghe degli Orafi su Ponte Vecchio

Per motivi certamente di decoro di un così importante snodo della viabilità cittadina e forse anche perchè potevano permettersi di pagare imposte più alte, Ferdinando I decide di liberare queste botteghe collocate in un contesto privilegiato a favore di orafi e argentieri, con divieto di installarvi attività differenti dal commercio di preziosi. Il Granduca prevedeva, infatti, col suo editto del settembre 1593, che Ponte Vecchio fosse sbarazzato entro il successivo 2 maggio 1594 (in pratica il giorno successivo alla festività tradizionale del Calendimaggio – cioè il 1° maggio), di tutte le “arti vili”, quali beccai, pizzicagnoli, trecconi ed altri piccoli rivenditori, in quanto il ponte risultava “luogo assai frequentato da gentiluomini e da forestieri”.

Soluzione naturalissima per un Ponte che anche oggi è meta di centinaia di migliaia di visitatori l’anno e rappresenta uno dei monumenti più famosi al mondo: ancora oggi, oltre quattro secoli dopo il provvedimento granducale, infatti, le tradizionali “madielle” (cioè le vetrinette con gli sportelli in legno) luccicano dei bagliori dei metalli più preziosi.

Oltre alle spiegazioni più verosimili del decreto granducale, sono state proposte anche altre versioni, forse meno credibili ma comunque gustose. Una prima variante rispetto alla versione “ufficiale” dell’avvenimento, e forse quella più aneddotica, è che la presenza di beccai e altri commercianti di vettovaglie disturbasse, con lo schiamazzo provocato dalla moltitudine di popolo richiamato, la passeggiata del Granduca, che decise pertanto di  collocare uno spettacolo migliore per gli occhi e per la sua pace; non è tuttavia molto verosimile, considerato che il Corridoio Vasariano esisteva sin dal 1565 (per volere del padre suo Cosimo I) ed aveva appunto la funzione di preservare tale percorso per il sovrano.

Un’ulteriore variante fa invece riferimento alla situazione igienica creata dalle attività presenti in precedenza su Ponte Vecchio, e si ricollega a quella motivazione di “decoro” che appare la più credibile: sembra infatti che la presenza di beccai e pesciaioli fosse non solo origine di un gran cattivo odore, ma anche di inquinamento delle acque d’Arno in cui venivano precipitati scarti di bestiame e pesci, mentre arti nobili come il commercio di preziosi non generava scarti di lavorazione.

E pensare che i beccai erano stati costretti nel 1442 a spostarsi su Ponte Vecchio, in modo da segregare tale insalubre attività (che generava miasmi, carogne e resti di carne) dalle abitazioni del centro cittadino: in pratica quindi, tale collocazione rappresentava inizialmente una situazione di “ghettizzazione” di questo tipo di commercio, mentre un secolo e mezzo dopo rappresenta un punto già considerato “di pregio”. In ogni caso sono sempre i beccai che, nel giro di un tempo relativamente breve vengono sfrattati.

Tutto ciò che residua oggi, a poco più di quattro secoli dal “Bando di cacciata” di Ferdinando I, delle pre-esistenti attività di vendita di vettovaglie e cibarie varie è la minuscola piazzetta di forma triangolare che si trova giusto all’imbocco di Ponte Vecchio, dalla parte “di quà d’Arno”: delimitata da via de’ Gerolami e dal Lungarno Archibusieri, la piazzetta riporta ancora lo storico nome che ne denotava la funzione, ossia “Piazza del Pesce”.

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Piazza del Pesce vista dall’arco della Torre degli Amidei

In effetti, i pesciaioli vennero trasferiti dalla piazza suddetta, prima in Mercato Vecchio (che si trovava dove ora sorge Piazza della Repubblica) e, successivamente, nell’attuale Piazza dei Ciompi, assieme alla Loggia del Pesce che venne per l’occasione smontata e rimontata nella nuova collocazione. La “beccheria” invece, cioè la concentrazione delle botteghe dei macellai si sposta a Mercato Vecchio è lì rimane, fino alla bonifica ottocentesca dell’area, che porta la vendita di cibarie all’attuale Mercato di San Lorenzo.