Archivi categoria: Parchi e giardini

Descrizione, storia e curiosità legate ai parchi e giardini monumentali di Firenze.

Il “Prato dello Strozzino” a Bellosguardo

Il nome di questa porzione della collina di Bellosguardo, che offre peraltro una vista spettacolare su Firenze, evoca con immediatezza una straordinaria potenza immaginifica su chi fosse stato lo strozzino in questione e quali le vicende che lo portarono a dare il nome a questo prato. Il giorno che ci son0 passato, e sono venuto per la prima volta a conoscenza del nome di questa località, ricordo di aver immaginato che il toponimo derivasse da un qualche usuraio che ci avevano impiccato.

In realtà, non si tratta di niente del genere: come forse i lettori più perspicaci hanno già notato, nel titolo di questo articolo la parola “strozzino” è scritta con la “S” maiuscola, e la cosa non è fatta a caso. Ciò sta ad indicare che di nome proprio si tratta, e non di nome comune: il prato infatti fa riferimento non ad uno strozzino nel senso di usuraio, bensì alla prospiciente Villa dello Strozzino.

Il nome della villa, a sua volta, deriva dall’ essere appartenuta ad un ramo secondario della famiglia Strozzi, detto Strozzino proprio perchè cadetto rispetto alla quella che fu per diversi secoli la famiglia più ricca di Firenze e che, oltra al magnifico Palazzo omonimo nei pressi di Piazza della Repubblica, aveva enormi possedimenti qui nella zona tra Soffiano, Bellosguardo e Legnaia.

Basta citare in proposito la magnifica villa Strozzi al Boschetto, che occupa intere le alture di Monticelli ed appartenne al ramo principale della famiglia. Il suo vastisimo parco, ricoperto di alberi ad alto fusto, è tutt’ oggi uno dei parchi pubblici più suggestivi di Firenze.

Il piccolo Prato dello Strozzino, contrassegnato da una pigna scolpita nella pietra, è separata dalla Villa omonima da via di Monteoliveto, dalla quale si sale incrociando sul cammino il Monastero che fu dei monaci Olivetani e la chiesa dei Santi Vito e Modesto. La Villa dello Strozzino, adorna di una splendida altana a loggia, che guarda dalla parte del Prato, fu chiamata anche “Villa Le Lune” per via delle mezzelune bicorni, mutuate dallo stemma degli Strozzi, che adornano la sommità della facciata della Villa.

Difficilmente si può immaginare, anche sulla colline di Firenze, collocazione più felice di quella del Prato dello Strozzino: da un lato la villa e via di Monteoliveto, di fronte via di Bellosguardo che sale alla Limonaia ed alla Villa dell’ Ombrellino passando per il Belvedere ed il tabernacolo del Granduca Leopoldo II, dall’ altro lato il Monte Rimorchi, l’ altura sulla quale spicca la stupenda villa dei Marchesi Fioravanti.

Il valore di questo angolo di verde sta proprio nella incredibile concentrazione di ville, monumenti e vedute panoramiche su Firenze, che raramente si può trovare altrove.

La Bizzarrìa di Villa Panciatichi

Sto a Firenze, zona Novoli, da sette anni. Conosco quindi benissimo, perchè ci passo spesso con la macchina, questa viuzza, una traversa di via Torre degli Agli, che si chiama “via Giardino della Bizzarrìa”.

La prima volta che vidi il nome della strada ricordo di aver pensato che le autorità cittadine di Firenze godevano di una straordinaria fantasia, per aver dato un così bel nome ad una viuzza della periferia di Firenze. E, sempre in sette anni, non mi è mai venuto in mente che ci fosse in realtà un motivo ben preciso per dargli quel nome. E invece, lo avrete ormai indovinato, quel motivo c’ è, ed è anche particolarmente curioso.

Infatti, esiste sia la Bizzarrìa, sia il Giardino:

  • la Bizzarrìa, pensate un po’, altro non è che un agrume, una specie di incrocio tra cedro, limone e arancia amara, talmente strano nella forma e nell’ aspetto, che proprio per questo motivo fu denominato bizzarrìa;
  • il Giardino è il piccolo parco di Villa Carobbi, il cui ingresso principale si affaccia su Via di Novoli, nel quale il frutto fu per la prima volta osservato.

Il Giardino della Bizzarrìa, quindi, esiste eccome, e da quello prende nome la strada.

Dell’ agrume ibrido che fu poi chiamato Bizzarrìa si racconta che non se ne aveva concezione alcuna fino al 1644, quando un giardiniere dell’ allora Villa Panciatichi di Torre degli Agli, ottenne la pianta che produceva strani frutti in parte limoni, in parte cedri ed in parte arance; non solo, ma produceva anche sullo stesso ramo frutti di forma diversa, alcuni rotondi come l’ arancia, altri piriformi come il cedro o bitorzoluti come i limoni. Narra in proposito il Redi, in una sua lettera del 1655 al Granduca, che tra le più diverse forme di questo agrume, continuamente cangiante, che aveva osservate, una in particolare gli risultò “bizzarra”: si trattava di un frutto di bizzarrìa che corrispondeva a tre frutti incastrati uno dentro l’ altro. Un limone esternamente, che conteneva un arancia con la buccia e tutto, ed il sapore di arancia; ed infine, al centro, un piccolo cedro.

E la cosa più stupefacente di tutte è che questa pianta famosa presso il Giardino della Villa Panciatichi produsse la bizzarrìa per semplice caso, senza che nessun innesto o procedura di sorta fosse stata applicata. Immaginate lo stupore del giardiniere nel vedere frutti diversi sulla stessa pianta!

Bizzarra anche la vicenda storica della pianta: a causa dei pesanti bombardamenti subiti dai giardini di Villa Panciatichi e della Villa Reale di Castello, si pensava che la pianta fosse andata perduta. E’ stata invece ritrovata negli anni ’80 da Paolo Galeotti, responsabile dell’ Orto Botanico della villa di Castello, e trapiantata presso il Giardino di Boboli e presso l’ Orto Botanico di Firenze, dove è tutt’ ora conservata.

Corsini al Prato: uno strano portale

Da sempre mi intrigano i dettagli curiosi, e Firenze, devo dire, è sotto questo profilo una vera enciclopedia a cielo aperto. L’ ultima occasione per stuzzicare la curiosità è capitato stamani, in via della Scala: traffico chilometrico, fila ferma e mente che vaga in attesa che il flusso riparta. L’ occhio mi si è posato sul cancello d’ entrata al giardino della Villa Corsini al Prato, che io già conosco da tempo.

Ho notato un particolare che prima di oggi mi era sfuggito: forse perchè la noia estrema indotta dal traffico bloccato acuisce i sensi allo spasmo, pur di fissare la mente su qualcos’ altro. Fatto sta che, se ci fate caso (e la foto nella pagina ve lo mostra chiaramente), l’ ingresso al giardino è adorno di tre figurette in pietra: un putto in cima e due leoni ai lati dell’ arco. Tutte e tre le figure rivolte verso l’ interno: strano, no?

Di solito le figure che sormontano cancelli ed entrate guardano verso chi entra, non verso chi esce. Un motivo certo ci deve essere, mi sono detto, e ho iniziato a frugare nella rete alla ricerca della soluzione all’ arcano. Risultato della mia ricerca è che la scelta bizzarra di volgere lo sguardo delle figure verso l’ interno, e non verso la strada, dipende dalla scelta del celebre architetto Buontalenti, il quale, incaricato di progettare il giardino, volle in questo modo evidenziare che la direttrice prospettica andava dal loggiato posteriore del casino verso Via della Scala e non viceversa.

Coerentemente con questa impostazione stilistica, il Buontalenti adottò tutta una serie di altri artifici curiosi come quello di far collocare le statue ad altezze digradanti via via che si allontanavano dal focus prospettico, in modo che i viali apparissero più lunghi di quello che le ridotte dimensioni del Parco consentono.

En passànt ricordo che nel giardino di villa Corsini al Prato ha luogo la periodica manifestazione “Artigianato e Palazzo“, sorta di fiera del manufatto artigianale. Sono venuto a conoscenza della manifestazione grazie ad una conoscente che realizzava bracciali e collane che erano veri e propri pezzi di bravura: completamente realizzati a mano, erano fatti soltanto con pietre, filo di ferro e altri materiali poveri, ma il risultato era stupefacentemente elegante.

GLI ORTI ORICELLARI: I GIARDINI DELLA FILOSOFIA

Gli Orti Oricellari, nelle immediate vicinanze della stazione di Santa Maria Novella, sono i giardini recintati, di proprietà della potente famiglia Rucellai, in cui si riunivano i seguaci dell’ Accademia neo-platonica di Firenze. L’ Accademia filosofica degli Orti Oricellari riuniva personaggi del calibro di Niccolò Macchiavelli, Lorenzo il Magnifico ed il futuro papa Leone X.

Intanto conviene sottolineare l’ etimologia del nome: per “orto” si intende originariamente un luogo prativo, ovvero piantato a vegetali, col significato dunque sia di giardino che di luogo adibito alla raccolta di frutta e verdura: ecco perchè il nome suona incongruo a quanti non siano pratici della Toscana. Naturalmente, nel caso degli Orti Oricellari, è valida la prima delle due accezioni del termine: essi sono infatti uno splendido esempio di “hortus conclusus“, cioè di “giardini recintati“, che trovano un grandioso termine di paragone negli Horti Leonini di San Quirico d’ Orcia. L’ appellativo “Oricellari“, così come “Rucellai” discende, secondo la tradizione, dalla scoperta della rusca, la piantina che Linneo denominò in seguito Lichen Roccella, da parte di un tale Alamanno che ne sfruttò le proprietà coloranti per la tintura dei panni di lana.

Gli Orti Oricellari danno il nome all’ omonima via che si diparte verso l’ Arno dal fianco della stazione di Santa Maria Novella: è proprio da questa via che si osserva un imponente muro di recinzione interrotto da un arco monumentale che rappresenta il portale di accesso agli Orti. Gli attuali giardini, che si estendono attualmente da via degli Orti Oricellari a via Bernardo Rucellai, sono attualmente di proprietà della Cassa di Risparmio di Pisa e costuituiscono soltanto una piccola parte della primitiva estensione: al tempo in cui divennero celebri per aver ospitato le riunioni di tutti i migliori ingegni di Firenze, infatti, gli Orti includevano anche i giardini dell’ attuale villa Corsini al Prato, cui si accede da via della Scala. Successivamente, all’ epoca del Risanamento ottocentesco per Firenze capitale, l’ architetto Poggi decise di tagliare in due il Parco per mezzo di via Rucellai.

Il nome degli Orti Rucellai è legato, storicamente, non solo alle riunioni dei più illustri uomini del tempo (ricordiamo in proposito che proprio in tale luogo Machiavelli lesse per la prima volta i suoi Discorsi sulla guerra), ma anche alla congiura macchinata nel 1522 ai danni del cardinale Giulio de’ Medici, che ricopriva allora una sorta di “protettorato” sulla città. In tale congiura risultò coinvolto uno dei leader carismatici delle riunioni degli Orti, ossia Jacopo da Diacceto, che ebbe per questo la testa mozzata.

Fulcro e centro degli attuali Orti Oricellari è la fontana ornata dalla statua colossale che rappresenta Polifemo. Il Polifemo è peraltro soltanto uno dei numerosi monumenti che adornavano il Parco originariamente: fra questi, la Grotta delle Ninfe e dei Venti, il Tempio di Flora e molti altri elementi decorativi in stile arcadico, quali statue classiche e finte rovine. Il colosso del Polifemo, con effetto certamente molto suggestivo, non era come oggi saldamente piantato a terra, ma emergeva a mezza figura da un laghetto.